da Il Domani N° 11 Dicembre
di Nuzzo Monello
Nell’ultimo mio lavoro, cioè a ben oltre cinquant’anni di excursus operandi ovvero in vissuto e opere, il mio pensiero ecologico si è sempre più rinforzato nel fine più generale che la disciplina Ecologia mutua nel rapporto tra la natura e l’uomo, le popolazioni e le comunità. Si è esteso al sentimento più confacente al significato di civiltà in trasformazione o se si vuole, del rispetto non più apparentemente ristretto tra uomo e natura, ma tra umanità e cosmo, come oggi indissolubilmente avviene tra l’azione operativa dell’uomo sapiens nel suo divenire e le reazioni oggettive, direi quasi scontate che gli elementi della natura mettono in atto quali conseguenze degli oltraggi dell’uomo verso l’ambiente terrestre in cui vive.
È parso a tutti noi, e per troppo tempo, che la terra si proponesse quale corpo inerte rispetto alla vita animale e vegetale, siamo stati non curanti della natura vitale della terra quale corpo vivo materno di sostegno a tutte le forme di vita terrestre. Eppure persino le più lontane culture primitive, proprio alla Madre Terra hanno rivolto gratitudine per tutti i loro apprendimenti, saperi, leggi naturali, scienze e religiosità conseguenti. Per conto nostro abbiamo offerto spettacoli immondi fatti di guerre e genocidi in nome della civiltà, utilizzando saperi e odio l’un contro l’altro, creando miti o sentimenti di credito alla forza di brutale prepotenza che gli uni hanno voluto e impongono ancor oggi sugli altri. Tutto questo sebbene ammantato delle scelte e dei valori propri delle democrazie che forse si sarebbero volute affrancare del cambiamento. Desiderare il cambiamento è sentimento legittimo e valore di pregio personale di chi assume e vuole percorrere le vie della più ampia partecipazione democratica nella gestione della cosa pubblica.
Ampia partecipazione, grande voglia di cambiamento, ne è prova il 73% di suffragi di voti ottenuti, per certi versi risultato scontato, quale esito delle elezioni amministrative di Noto dello scorso ottobre. Mi chiedo oggi, se e come il cambiamento disegnato dalla coalizione che ha sostenuto il neo sindaco Corrado Figura vorrà e/o saprà porsi per il superamento di tutto ciò che del recente passato amministrativo si è voluto stigmatizzare come esclusivo prepotente prodotto inconsistente di dieci anni di attività intra città, extra territorio e altri continenti. Sono convinto che niente e nessuna azione può ritenersi inutile, per quanto e forte sia il desiderio di valutare nefasta l’opera quotidiana e l’impegno istituzionale altrui, perché diversamente, nemmeno il desiderio del cambiamento troverebbe intuizioni per il superamento prima delle criticità e del tentativo di miglioramento poi. Su queste basi, gli errori e/o le trascuratezze ci appartengono e non sono meno gravi se poniamo in evidenza le mancanze, le aspirazioni, le possibilità offerte, i sentimenti di appartenenza degli altri unite alle accorate dichiarazioni d’amore per Noto.
E non sarebbero neanche da considerare inutili né inconsistenti, se gli stessi errori dovessero essere commessi da una pluralità di consensi unitari e democratici. Di sicuro però sappiamo come i nostri comportamenti individuali e collettivi sono tendenti al consolidamento delle aspettative di ciascuno o dei convincimenti, e come inaspettatamente i sentimenti di rivalsa delle controparti tendino di ostacolarli, proprio perché portatori di interessi, non necessariamente contrapposti, ma diversi e variegati nella sostanza. Possiamo alienare il nostro “Status” familiare, sociale, professionale, etico e politico se su di essi naviga per acque turbolente il vecchio adagio siciliano Arrivodditi: accussì comu s’accumincia, si finisci? Questo gergo sociale, idioma imposto di pensiero comune – accussì comu s’accumincia, si finisci -, non prevede nel percorso intrapreso alcuna possibilità di cambiamento e nell’ammonimento – arrivodditi – impone alla psico-memoria del vissuto di riflettere, al fine della ricerca della volontà di cambiamento. Come dire ricordati che hai l’obbligo e l’onere di porre attenzione alle variabili che di volta in volta potranno indicarti una nuova via valoriale. Soltanto in tal senso potrebbe affermarsi l’essenza di un interrogativo rivolto a quanti troppo spesso e sinteticamente affermano ad alta voce: Amo Noto! La mia città, e per essa desidero soltanto il suo bene!
A questa asserzione mi permetto di aggiungere: si può volere il bene di una città? Si, se questa è il luogo ove tutto sembra appartenerti nel cuore, nell’anima, nei sentimenti e tutto come le trame di un tessuto t’imbriglia tra merletti, vuoti e pieni, e nell’insieme diviene tra i profumi e il vociare delle persone espressione delle tue insolite visioni, di manifestazioni di vita, di amicizie, di affetti. Allora, sì! Hai la certezza che si può. La suggestione che pervade fa sembrare madre e sorella ogni donna, amante ogni giovinezza, padre e fratello ogni uomo, amico ogni conoscente o passante sorridente al tuo andare. Io l’ho vissuta sin dal 1963 e ancora oggi mi nutro d’ogni bene a Noto.
Quale altro migliore auspicio si può desiderare per non cogliere l’occasione del passaggio di consegne e dell’insediamento della nuova amministrazione per rientrare in regolarità operativa tra la festa dell’Immacolata e il santo Natale, così da poter intraprendere il nuovo anno 2022 non soltanto come rinnovamento secolare ma soprattutto come svolta di cambiamento per il prossimo quinquennio? L’Epifania augurale porta il senso dell’Amore verso le persone mentre, come in più occasioni ho voluto sottolineare: le città, come le cose, non si amano, si rispettano pronunciando per esse comportamenti di riguardo, salvaguardia e esprimendo passione attraverso la conoscenza, per mezzo della quale ogni considerazione affettiva non può che tradursi in percorsi per il bene comune e più in generale di riguardo per ogni cosa e per tutte le persone quale bene ecologico, in uno bene dell’umanità.
Gestire e amministrare la delega elettiva di una comunità di cittadini senza avvalersi del peculiare concetto di amore/passione quale presupposto della conoscenza, porta alla rinuncia di concrete ricerche delle variabili di sviluppo e di progresso. Inoltre, contribuisce a mantenere stagnanti le città e i valori dello spirito cittadino di cambiamento, paralizza ogni crescita per un falso profilo di legalità, sottoponendola in questo modo all’esclusivo lecito delle proprie interpretazioni.
Significa relegarla nel degrado materiale e culturale. Fare presto dunque è il monito per tutti noi, perché la popolare befana dalle logore vesti e dalle rughe profonde solcate dalle paure pandemiche, potrebbe non lasciare nella calza dei prepotenti l’obsoleto carbone, ma il rincarato gas.