La Pasqua nei riti e nella tradizione, ieri e oggi.

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L’interazione e i contrasti tra pensieri ed emozioni nella religiosità di un popolo trovano la loro massima espressione nei riti  della Pasqua nella stagione dei nidi e dei nuovi voli, nell’aria che si colora di suoni e dall’odore lieve del cielo. Non è  semplicemente un recinto religioso o ideologico ma il trait d’union tra la storia dell’umanità e la complessità della
natura e della vita. In chiesa il rito delle ceneri sul capo è segno di penitenza verso un cammino di conversione, u laùri e i suoi germi simboli di rinascita.

Religiosità e credenze popolari, miti e sacre scritture, rametti di ulivo e palme intrecciate per essere benedetti.
Dopo i riti della lavanda dei piedi in ricordo dell’umiltà di Gesù, della consacrazione del Crisma, dell’Olio dei catecumeni e degli infermi e il rito sette delle parole pronunciate da Cristo sulla croce, la sera del venerdì prende avvio la processione della Santa Spina.

In processione sfilano i gonfaloni e le confraternite, rappresentazioni medievali delle arti e dei mestieri, gli occhi dei fedeli cercano il feretro e la giovane Madre addolorata. Tutt’intorno regna sempre un caldo e commosso silenzio di adulti e bambini circondati da una spirale misterica magica, ogni luce nelle vetrine lungo le vie si spegne.Il ritmo lento, cadenzato, ossessivo di una tromba squarcia l’aria; è un lamento, un pianto,un gemito che inizia a scorrere in tutte le vene.

E nel silenzio il ritmo di un tamburo si alterna al suono della tromba a marcare la presenza di un popolo in cammino. La pietà popolare e le tradizioni sacre e profane si incrociano in un itinerario inscindibile e identitario della comunità che le esprime. Sebbene oggi nell’era del consumismo si tende a trascurare ogni raccoglimento processionale per assecondare l’invasione dei rumori di sottofondo del bere e del cenare all’aperto di una città turistica che pare si adatti a rinunciare al suo momento di sacralità.

La domenica mattina, il mistero si fa teatro. Lo spazio scenico della scalinata della Matrice e di piazza Municipio diventa spazio di raccolta per assistere alla rappresentazione millenaria di un sacrificio che unisce tutti rafforzando appartenenze e legami. In quel teatro sacro ognuno è attore della sua rigenerazione. La religiosità privata diventa corale, all’apparire di un manto azzurro.

La Fede si distende e si appiana tra le note versatili e affascinanti della banda musicale. Ma ora ciascuno è chiamato a confrontarsi con altri scenari. Dopo duemila anni di celebrazioni cristiane della Pasqua, cinquemila anni per il popolo ebraico da cui tutto scaturisce, oggi si massacrano con gli uomini gli ideali di fratellanza. Il pane azzimo benedetto viene disperso assieme ai perseguitati nel plenilunio della primavera di Resurrezione.

Da Dante a Tolstoj a Austen, a tutta la letteratura moderna la Pasqua è simbolo di svolta, di passaggio, di redenzione per l’umanità sempre alla ricerca dell’Alleanza che sembra essere negata affinché sia concesso agli uomini di estirpare l’ultimo filo d’erba.

C’è ancora una speranza per ciascuno? Diceva Vincenzo Consolo, a proposito dei riti della Pasqua, che la nostra isola è un insieme di lutto e di luce che rendono inaccettabile la morte.

Quest’isola oggi, siamo l’insieme delle donne e degli uomini del mondo chiamati a testimoniare il buio, per attuare, oltre ogni rumore di fondo, il ritorno alla Luce, dopo aver disperso la magia e la ragione.

di Corrada Spataro

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